E-commerce e Contraffazione: Siamo tutti utenti “informati e attenti”?

Una griffe di calzature di nicchia, cita Amazon in giudizio perchè propone imitazioni dei propri prodotti e del proprio marchio. Il caso finisce alla corte di giustizia UE che si è pronunciata in primo grado: cambieranno le regole europee per gli intermediari on-line?

Nella U.E. non esiste un approccio unitario all’eCommerce, la materia è trattata da una Direttiva del 2000, la n.2000/31/CE, trasformata in legge in Italia nel 2003. Il resto delle regole del settore deriva da sentenze legali nazionali e dalle pronunce della Corte di Giustizia UE.

LEGISLAZIONE EUROPEA E RUOLO DELLA CORTE

Le Istituzioni UE possono emanare Direttive e Regolamenti: mentre questi hanno efficacia uguale e diretta presso ogni Stato membro, le Direttive contengono invece norme giuridiche più o meno dettagliate che vanno poi tradotte in legge da ogni singolo Stato aderente alla UE. Tali norme, essendo normali leggi nazionali, vengono trattate dai vari tribunali interni senza un orientamento obbligatorio comune tra Stato e Stato ma neanche tra Tribunale e Tribunale

A meno che un privato o una società non interpelli la Corte di Giustizia UE attraverso un giudice nazionale per tutelare un proprio interesse invocando il rispetto delle norme contenute nella Direttiva. In tal caso prevale sempre la pronuncia della Corte.

Se l’interpellanza pone questioni nuove per la giurisprudenza europea, viene prima sottoposta al Tribunale, composto dagli Avvocati Generali. Essi forniscono ai Giudici un parere preventivo, imparziale, indipendente ma non vincolante sul caso: starà alla Corte Suprema emettere la Sentenza definitiva.

Indice

Il caso Louboutin contro Amazon

Christian Louboutin produce calzature di gran lusso caratterizzate dalla suola rossa; questa particolarità è riproposta anche nel suo marchio aziendale

Louboutin ha citato in giudizio Amazon attraverso un Tribunale lussemburghese e attraverso il Tribunale del Commercio belga perché ritiene di aver subìto un danno dalla compresenza sulla nota piattaforma di eCommerce di prodotti palesemente contraffatti, “ispirati” ai propri. Di più: ritiene che Amazon abbia tratto profitto dall’aver affiancato il proprio marchio, i prodotti e il marchio originali Louboutin e quelli dei prodotti imitati, al fine di aumentare traffico sulla piattaforma digitale

I giudici nazionali si sono rivolti alla Corte perché in dubbio su come interpretare il Diritto Europeo nel caso di un intermediario così specifico come Amazon.

AMAZON: L’INTERMEDIARIO… CON QUALCOSA IN PIU’

L’Avvocatura Generale definisce Amazon “un modello ibrido” perché contemporaneamente gestore e distributore di un mercato on-line: la piattaforma, infatti, commercializza sia prodotti propri che di terzi; questi ultimi possono essere spediti da Amazon (che assume così un ruolo di stoccaggio merci) oppure direttamente dal produttore terzo (Amazon funge da semplice vetrina).

Cosa dicono le normative europee

La Direttiva sull’eCommerce suddivide gli intermediari in 3 categorie: 

i “mere conduit” (es.: i motori di ricerca), praticamente esonerati da qualsiasi responsabilità sui contenuti in quanto non rielaborano o memorizzano i prodotti cui rimandano;i “caching providers” che invece usano tecniche di memorizzazione temporanea delle informazioni; gli “hosting providers”, cioè coloro che esercitano attività lucrativa dall’offerta di prodotti di terzi presenti senza limiti di tempo sulle proprie piattaforme (Google, eBay, YouTube, Meta, ecc.). 

Questi intermediari sono responsabili diretti per colpa laddove siano a conoscenza di contenuti illeciti nella propria piattaforma e non li abbiano rimossi tempestivamente

Ogni Paese europeo, però, può tutelare con intensità diversa il titolare di marchi e prodotti rispetto all’intermediario: l’Italia, ad esempio, ha giudici più orientati verso i produttori che non verso gli intermediari.

La legislazione e la giurisprudenza europee sono invece generalmente favorevoli agli intermediari, riconoscendo il loro ruolo determinante per i consumatori, per lo sviluppo del commercio e di Internet.

L’UTENTE “NORMALMENTE INFORMATO E RAGIONEVOLMENTE ATTENTO”

Il Parere che andrà davanti ai Giudici Supremi della Corte di Giustizia si esprime interamente a favore di Amazon partendo dal presupposto che un utente “normalmente informato e ragionevolmente attento”, quale si suppone essere chiunque scelga di acquistare on-line, sappia distinguere tra i prodotti e i marchi proposti dalla piattaforma

In particolare, l’uso di un determinato marchio soprattutto in caso di spedizione curata da Amazon non è una comunicazione commerciale di Amazon, bensì è una opportunità offerta al potenziale cliente di rendergli disponibile la merce nei modi e nei tempi migliori possibili.

Ciò è ancor più evidente se il prodotto viene spedito direttamente dal produttore terzo: l’utente “normalmente informato e ragionevolmente attento” avrà chiaro che non è Amazon a commercializzare e ad offrire quei prodotti con i relativi marchi, bensì il produttore stesso.

MA…

Lo stesso Avvocato Generale riconosce che l’attività di intermediazione in sé e l’estrema varietà in cui si esprime, rappresentano una potenziale minaccia ai titolari di diritti di proprietà intellettuale, soprattutto dei marchi

Spesso risulta complicato identificare il produttore fedifrago e la sua localizzazione esatta: per questo è più facile invocare la responsabilità dell’intermediario rispetto a quella del produttore. 

La giurisprudenza europea riconosce pure che l’utente potrebbe essere spinto a percepire un marchio -anche contraffatto- come parte integrante della comunicazione commerciale della piattaforma di vendita, perdendo così le caratteristiche di “informato e attento”. Con il conseguente spostamento della responsabilità all’intermediario di eCommerce.

A chi darà ragione la Corte? Al produttore e all’utente che potrebbero essere frodati o all’Avvocatura Generale, e quindi al venditore-intermediario, da considerarsi “neutro” anche se “ibrido”?

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